La via italiana alla sostenibilità

Antonio Santangelo • gen 20, 2023

Antonio Santangelo

L’anno che abbiamo di fronte impone una profonda riflessione sulle strategie per affrontare novità molto rilevanti sul piano economico e sociale. Stanno cambiando profondamente sia il contesto internazionale che le caratteristiche della globalizzazione. Il conflitto ucraino spinge a una polarizzazione geopolitica tra democrazie e autocrazie, modificando le catene del valore e le alleanze internazionali. All’interno stesso dei due campi esistono contraddizioni; pensiamo alla reticenza cinese nell’avvallare in toto l’iniziativa russa, ma anche le difficoltà che le recenti politiche protezionistiche Usa (Inflaction Reduction Act – IRA) possono creare agli europei. 

L’Europa ha scelto, tra pandemia e crisi energetica, di proseguire ancor più energicamente sulla strada della sostenibilità ambientale e della rivoluzione digitale. L’Italia è coinvolta in pieno in questa duplice transizione e deve decidere se subirla o esserne protagonista. E' il modo in cui si interpreta la sfida della sostenibilità che ne determina l’esito. Il comportamento delle imprese e delle istituzioni è perciò cruciale.


La sfida

A fine anno l’Europarlamento e il Consiglio Europeo hanno approvato la Corporate sustainability reporting directive (Csrd), che regola la comunicazione societaria di sostenibilità. Le imprese di grandi dimensioni (+ 500 addetti) dovranno rendere trasparenti le loro strategie sulla transizione, esplicitando rischi e opportunità connessi ai cambiamenti climatici, e le loro scelte in merito. La direttiva riguarda le informazioni relative alla sostenibilità, con l’obiettivo di rendere la comunicazione aziendale più aderente alla strategia dell’Onu, focalizzata sui 17 obiettivi (SDG – Sustainable Development Goals) entro il 2030.

E’ evidente la determinazione della Commissione di rendere meno complesso il monitoraggio dell’intero tessuto economico continentale, impegnato in un faticoso processo di adeguamento di processi e procedure alla strategia Green Deal e agli obiettivi ormai vicini del 2030.

Primi interlocutori della direttiva sono gli operatori del mondo finanziario che, grazie alle risorse economiche gestite, sono nella posizione di influenzare le imprese, indirizzandole verso strategie caratterizzate eticamente. In questo modo si assegna loro una responsabilità non indifferente riguardo decisioni di politica industriale, che può influenzare i tempi di sviluppo di settori diversi.

Per tale ragione, è importante che la PA non resti estranea a questi processi.


I capisaldi del monitoraggio

Stelle polari della sostenibilità sono le tre dimensioni Ambientale, Sociale e di Governance (ESG: Environmental, Social e Governance), indicatori fondamentali per misurare, controllare e sostenere la strategia di sostenibilità di una impresa. Divenuti un criterio di valutazione degli acquisti e investimenti fatti dalle imprese, sono al momento utilizzati dagli investitori finanziari e oggetto della comunicazione finanziaria delle imprese. Sinora l’informativa di sostenibilità correva in parallelo alla relazione finanziaria istituzionale. Ora invece, la Commissione richiede che l’impresa certifichi l’integrazione tra le informazioni, conferendo pari dignità ai due reporting (sostenibilità e finanziario) e uguali obblighi relativi a pubblicità, responsabilità degli organi societari, scadenze di pubblicazione e meccanismi di approvazione. La certificazione avviene rendendo evidenza tra gli ESG e i dati contenuti nella relazione finanziaria annuale


L’integrazione delle informazioni dovrebbe consentire una maggior trasparenza e comprensione da parte degli stakeholder sulle caratteristiche e specificità del business. La grande accuratezza verticale delle informazioni rischiava di racchiuderle in silos autonomi, rendendo più difficile una visione d’insieme e quindi meno comprensibile la strategia dell’impresa e il suo contributo effettivo alla transizione ambientale. Questa maggior trasparenza dovrebbe avere l’effetto di rendere più evidenti eventuali tentativi di edulcorare lo stato di fatto o di sottacere aspetti negativi (greenwashing).

Se all’integrazione degli indicatori, semplificata dalla digitalizzazione, si aggiunge una riflessione sulla riorganizzazione dei processi, viene esaltata la capacità di innovare; i fattori Esg possono diventare un forte driver di competitività e avere un peso nella trasformazione del modello di business e della cultura aziendale.

Le tre dimensioni hanno assunto un peso crescente e diverso nel tempo. La componente ambientale è quella che ha visto i maggiori sforzi, per la rilevanza del cambiamento climatico, la più facile misurazione e comunicazione dell’impatto delle attività dell’impresa. Per la componente sociale è più recente la sensibilizzazione, soprattutto nell’ambito del terzo settore, istituzionalmente più vicino a queste tematiche, che offre nella miriade di manifestazioni occasioni di partnership interessanti. La componente governance è sinora la meno sfruttata. Qui si gioca la trasparenza dei processi decisionali, i meccanismi di cooptazione negli organismi direzionali, la priorità degli indicatori Esg nella definizione delle strategie aziendali.


I riferimenti operativi

L’Efrag (European Financial Reporting Advisory Group), incaricato dalla Commissione di elaborare gli standard che le aziende Ue dovranno utilizzare per la predisposizione dei report di sostenibilità ha messo a punto i primi 12 European sustainability reporting standards (Esrs), che presidiano i seguenti capitoli: Governance, Strategy, Risk Management, Metrics and Targets. Il lavoro di Efrag è teso a migliorare, nel giro di pochi anni la qualità del reporting di sostenibilità, equiparandolo al reporting finanziario, rendendolo altrettanto solido in termini di governance, trasparenza e audit.

Gli Esrs prevedono la pubblicazione sia di una serie di informative, obbligatorie per tutti, che derivano dalle richieste legislative dell’Ue e dalle analisi dell'Efrag, sia di informazioni aggiuntive sui i temi valutati come rilevanti. Le imprese dovranno implementare e rendicontare un solido processo di valutazione delle attività aziendali nell’impatto sull'ambiente e la società (Impact materiality), nonché gli effetti degli indicatori Esg sulla situazione economica e finanziaria dell'impresa (Financial materiality).

Per quanto riguarda i tempi, a giugno la Commissione Ue adotterà gli standard definitivi. Gli obblighi di segnalazione, come previsto dalla Csrd, saranno introdotti gradualmente entro il 2024, per poter pubblicazione il reporting di sostenibilità nel 2025. Le pmi quotate sono obbligate a partire dall'esercizio 2026 (pubblicazione nel 2027), con possibilità di posticipazione di un ulteriore anno.

In Italia il 68% aziende medio-grandi quotate al Mercato Telematico Azionario di Borsa Italiana, (circa 144) riporta nel bilancio d’esercizio e consolidato riferimenti specifici ai rischi climatici.


Prepararsi per tempo

Il 2027 sembra molto lontano, al momento, ma per la maggioranza delle imprese è opportuno cominciare a prendere in considerazione l’operatività. Lo sforzo da compiere è equivalente a quello fatto da molti sul terreno della certificazione di qualità. Se lo si vive come una serie di adempimenti burocratici da svolgere periodicamente, focalizzando l’attenzione solo a ridosso degli audit, meglio lasciar perdere. Se invece, come nel caso in questione, si utilizza l’occasione sviluppando le linee guida della norma, adattandola alle condizioni e specificità del business, i risultati possono essere sorprendenti. Le aziende saranno facilitate dalla pressione sociale sui temi della transizione climatica, e dal fatto che importanti occasioni di finanziamento, i progetti del Pnrr e quelli della programmazione 2021-2027, contengono tra le condizionalità riferimenti alla sostenibilità delle azioni.

Vale per tutti il criterio Dnsh, Do no significant harm, che può essere la spada di Damocle di molti progetti non attentamente calibrati. Inoltre, affrontare temi sociali e di governance significa, per le imprese, misurarsi sulla specificità di genere, sulla demografia aziendale (spazio a donne e giovani), sull’inclusione sociale e sul welfare aziendale.

Questi aspetti chiamano decisamente in causa anche la PA, Ministeri e Regioni soprattutto. Sta a loro, nella fase di dispiegamento iniziale delle procedure, iniziare a inserire gradualmente nei loro atti esecutivi criteri distintivi e selettivi che orientino sensibilità e azioni dei vari soggetti sociali in modo che siano in sintonia con la strategia di sostenibilità europea.


Ciò consentirebbe si rafforzare il ruolo di definizione delle strategie di sviluppo di settori e territori, evitando che sia solo l’interesse finanziario a prevale, equilibrandolo con criteri di inclusione sociale e equità. Le società di consulenza e assistenza tecnica, possono svolgere un ruolo importante di sensibilizzazione e sollecitazione.


Photo: Roxanne Desgagnés on Unsplash


20 feb, 2024
Politica Aziendale
Autore: Antonio Santangelo 20 feb, 2024
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