Il gigante nascosto

lug 14, 2021

Antonio Santangelo

Il gigante nascosto

Mentre allarghiamo la popolazione vaccinata, tutelando anche i renitenti, si accumulano una serie di dati e notizie che ci rassicurano sugli effetti che i provvedimenti economici del governo Draghi hanno prodotto. Preoccupa l’allargamento della povertà, ma i segnali che vengono dal tessuto produttivo del Paese raccontano una realtà diversa.

Nonostante che il colpo sia stato pesante, 750-800.000 posti di lavoro persi, l’industria reagisce bene e fa intravedere una crescita vicina o superiore al 5%, il Made in Italy ha una buona vitalità, e vi sono altri settori che si fanno onore, seppur con minore impatto mediatico.

A darci informazioni importanti, tre report che da punti di vista diversi, tratteggiano uno scenario convergente.

Sul sole24ore Marco Fortis, direttore di Fondazione Edison, segnala che l’export del primo quadrimestre di quest’anno è andato oltre il rimbalzo, crescendo di quasi un quinto (+19,8%), più di Francia (10,8) e Germania (11,4). Ma la buona notizia non è tanto questa, quanto che il trend di crescita e maggior velocità data dal 2015. Scrive l’economista della Cattolica: “nei primi quattro mesi degli ultimi sei anni (dal 2016 al 2021) non solo l’export italiano è aumentato assai di più (+20,2% rispetto al primo quadrimestre 2015) di quello tedesco (+13,5%) e francese (+4,1%). Ma che le nostre esportazioni nel primo quadrimestre 2021 sono già ben oltre i livelli pre-Covid del primo quadrimestre 2019 (+4,2%)”.Div

Dal 2015 crescita, produttività e competitività della nostra manifattura sono state superiori a quelle dei nostri competitor (Germania, ma anche Spagna e G7), grazie soprattutto, secondo Fortis, al superammortamento e a Industria 4.0. Anche il ricambio generazionale sembra aver giovato alle performance delle imprese.

Ciò avviene in uno scenario più generale che mostra come rimangano ampi margini di miglioramento.

Fortis ha infatti utilizzato i dati dell’indagine che Ucimu ha prodotto (lo fa ogni 5 anni) sull’innovazione nell’industria meccanica. Dall’indagine risulta che è ancora molto ampio il numero di imprese che non ha utilizzato gli incentivi di Industria 4.0, e che soprattutto le Pmi hanno invecchiato il parco macchinari, il 48% dell’installato ha più di 20 anni. Si è perciò allargato il divario tra grandi e medie imprese che comprano e utilizzano robot e tecnologie di connessione, mentre le imprese più piccole “ricorrono a pratiche di revamping pur di non rottamare le macchine vecchie ed obsolete”, (UCIMU 2021). I fondi di NextGenIT per la digitalizzazione non possono che dare una spinta ulteriore alla diffusione dei nuovi processi.


A dare un quadro più confortante sulla reattività delle piccole imprese è la lettura dell’indagine compiuta da Banca Ifis su 4.000 aziende di dieci settori produttivi. Nel corso dell’ultimo anno il 52% ha introdotto almeno un’innovazione di prodotto, processo o organizzativa. Più attive le imprese del settore chimico-farmaceutico (76%) e del sistema casa (63%). Positivo l’utilizzo dell’e-commerce, il 9% ha aperto un canale digitale, e il 35% pensa di farlo entro 12 mesi.

Dai distretti giungono notizie che avvalorano l’analisi di Fortis. Una ricerca di Intesa San Paolo verifica che nel primo trimestre del 2021 i distretti a carattere manifatturiero stanno recuperando i livelli pre-pandemia. I settori che registrano le migliori performance sono mobili, metallurgia, elettrodomestici e alimentari, aiutati anche dall’export in crescita, in primis verso la Germania, ma anche verso Francia, Cina e Corea, superando i livelli pre-pandemia. Male invece tessile e moda.

Lo Studio Ambrosetti si associa, sottolineando un cambio di clima. Il suo Club Economic Indicator, che riporta il parere di oltre 350 manager di multinazionali e grandi imprese italiane, rileva un miglioramento della percezione generale. Crescono fiducia nello stato dell’attuale momento economico e nelle prospettive. 

Ma il think tank italiano frena i facili entusiasmi, suggerendo che siano influenzati dall’allentarsi della pandemia e che molte delle prospettive saranno determinate dalla capacità di fare effettivamente quanto viene promesso nel PNRR.

Dalla messa in campo delle riforme, prima fra tutte la giustizia, dipende l’attrattività di investimenti stranieri; lo stesso vale per il mercato del lavoro, ingessato da una scarsa disponibilità di politiche attive a supporto di chi cerca o perde il lavoro. La recente discussione sullo sblocco dei licenziamenti rileva come sia ancora diffusa la prevalenza della difesa del “posto” a prescindere, rispetto alla cura e accompagnamento del lavoratore nella crescita di competenze e collocazione sul mercato del lavoro in espansione. Questo poi ha come contraltare la persistenza di livelli salariali molto al di sotto dei livelli medi europei, in crescita mentre i nostri sono praticamente fermi da 20 anni.

La transizione digitale, come e più di quella ecologica, richiede un forte stimolo all’adeguamento e crescita delle competenze a tutti i livelli, manageriali e operativi. Il sistema di formazione, dalle superiori all’università richiede un posizionamento anche strategico, basato più sulla capacità di fare/farsi le domande giuste, che sulla facilità di dare risposte. 


E’ tutto il Paese che deve rispondere, consapevole dell’impossibilità di tornare a un “prima “ rassicurante, ma disponile ad accettare la necessità del cambiamento, anche radicale. 

Si può e si deve.


Antonio Santangelo

20 feb, 2024
Politica Aziendale
Autore: Antonio Santangelo 20 feb, 2024
Il 2023 è stato dichiarato dalla Ue l’anno europeo delle competenze, in riconoscimento del fatto che le due transizioni, ecologica e digitale, mettono sotto stress sistemi dell’istruzione e della formazione non sufficientemente adeguati ad accompagnarle.  La sfida epocale, non limitata all’Europa, è adeguare rapidamente strategie e strutture per essere in condizione di trarne vantaggio. In Italia è il mondo educativo, istruzione e formazione vocazionale, chiamato a cambiare
Share by: