Materie Prime. Per chi?

Antonio Santangelo • gen 25, 2024

Antonio Santangelo

La transizione ecologica è subordinata alla capacità degli umani di riconvertire le caratteristiche dello sviluppo abbandonando gli idrocarburi e ricercando fonti energetiche alternative e tecnologie più rispettose dell’ambiente.

Alla base della transizione stanno nuovi materiali la cui disponibilità innesca fattori geopolitici che rendono incerto il futuro.

L’intero RepowerEu nel Piano è stato rivisto e ridotto nelle dimensioni, passato da 19,2 a 11,2 Mdi permettendo così di ridurre i definanziamenti originari. Prevede cinque nuove riforme, cinque investimenti pregressi rafforzati e 12 nuovi investimenti per rendere l’Europa indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del 2030. Saranno rafforzate le reti di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica, rafforzata la sicurezza energetica e accelerata la produzione e lo stoccaggio di rinnovabili. Saranno anche prese misure per rafforzare le competenze necessarie per la transizione verde, nonché a promuovere il trasporto sostenibile. Nel Pnrr modificato confluiscono 145 misure previste da RepowerEU.

La revisione ha quindi liberato fondi per i Comuni che temevano il definanziamento dei Piani urbani integrati e della rigenerazione urbana previsto dal governo. La rigenerazione urbana. recupera quasi due terzi delle risorse, i Piani urbani recuperano 900 Mni che potrebbero coprire circa 300 progetti.


Nel nuovo piano c’è un capitolo importante dedicato alle imprese, Transizione 5.0, cui è previsto che vadano 12,4 Mdi complessivi in crediti di imposta; circa la metà dei fondi (6,4 Mdi) da RepowerEu, sono destinati a investimenti delle imprese in innovazione digitale in chiave “green”.

Le aliquote saranno crescenti all’aumentare degli obiettivi di efficientamento energetico da certificare. Dato importante, la formazione del personale, ammissibile per il 5% del finanziamento agevolato, servirà ad accrescere le competenze per la transizione ecologica. Si colma così il vuoto creato dalla sospensione della misura formazione 4.0 a fine 2022, visto che il 40% delle imprese che hanno fatto investimenti in nuovi dispositivi dichiara di non utilizzarli per mancanza proprio di competenze interne.

Una parte importante della nuova strategia, riconosciuta anche dalla Commissione che parla di “crescita dell’ambizione digitale dell’Italia”, sta in un insieme di investimenti destinati allo sviluppo di tecnologie avanzate, al sostengno di start-up e investimenti in ricerca e sviluppo. Il precedente obiettivo del 25,1% destinato alla transizione digitale sale al 25,6, per migliorare la competitività e resilienza del tessuto economico e della settore sanitario. Saranno migliorate anche l’efficacia delle politiche attive del mercato del lavoro e dell’istruzione pubblica. La larga banda dovrebbe addirittura anticipare al 2026 gli obiettivi europei (al 2030) se lo scorporo della rete Tim andrà a buon fine.


Una partita aperta è relativa alle riforme, terreno da sempre delicato nei rapporti con la Commissione. Questa ha accettato di dilazionare a marzo 2025 il termine per azzerare i ritardi nei pagamenti rispetto ai termini di trenta giorni imposti dalla Ue, il Governo deve però garantire un supporto alle amministrazioni più lente nella liquidazione del dovuto. Su questo tema l’Italia è stata deferita per la seconda volta alla Corte di Giustizia Ue. Anche in tema di concorrenza dovranno essere garantiti interventi, abbattendo barriere all’ingresso per chi vuole avviare un’attività commerciale e aprire ulteriormente settori come assicurazioni, gas e farmacie, per non parlare delle concessioni balneari. Per temi più complessi, appalti e giustizia, le tempistiche sono un po’ più dilatate.


Entro dicembre dovrebbe essere saldata la 4° rata. Per quanto riguarda le prossime rate (31.12.23 e del 30.6.24), l’anno prossimo l’Italia dovrebbe incassarle rimodulate a poco sopra i 19 Mdi, meno dei 28 previsti, per crescere e recuperare 10 Mdi nel 2025 e 2026. Lo slittamento è comprensibile poiché 

Il valore di ogni rata è legato agli obiettivi da raggiungere, e ne sono stati ritardati 145.


Restano, attorno all’esecuzione del PNRR alcune perplessità. Le difficoltà delle nostre amministrazioni nel rendere operativi gli investimenti e attivare la capacità di spesa si riconfermano; da settori diversi del Paese si manifestano preoccupazioni per come viene gestito il Pnrr. La Corte dei Conti ha verificato, con una rilevazione a campione su 27 interventi, che la capacità di spesa si attestava a giungo al 7,9%. Anche la Fondazione Openpolis esprime preoccupazione: il suo monitoraggio del Pnrr evidenzia come alcuni soggetti attuatori abbiano cancellato progetti, preoccupati dai vincoli sui tempi e sull'ambiente, ricorrendo quindi a fondi alternativi. Alcuni analisti suggeriscono che su molti interventi non esistono informazioni sullo stato di avanzamento, i risultati potrebbero essere molto migliori. A settembre gli interventi finanziati, selezionati tramite bandi e procedure di gara, sono 219.837, distribuiti lungo tutto il territorio nazionale. Per un ammontare di risorse Pnrr pari a 120,35 Mdi euro, pari al 63% dei 190,5 miliardi complessivi.

Nel loro recente libro “La grande abbuffata”, Boeri e Perotti criticano l’impostazione originaria del Pnrr, priva di scelte strategiche nella selezione dei progetti, con l’esclusivo obiettivo di raccogliere la cifra più alta possibile. Sono così stati svuotati i cassetti di ministeri, Regioni e Comuni, raccogliendo progetti anche vecchi, senza alcun coordinamento e senza tener conto delle finalità e regole di Next Generation. Questo sarebbe all’origine delle discussioni con la Commissione Ue: molti progetti non avevano dimensione innovativa, non dichiaravano quali risultati sono attesi, alcuni non prevedevano spese di mantenimento della realizzazione. Paradossalmente, molti progetti destinati a combattere il degrado idrogeologico non tenevano conto del concetto basilare della transizione ecologica, il rispetto del principio dnsh (do no significant harm), non causare danni rilevanti all’ambiente. 


Il limite più grave appare essere il monitoraggio dell’andamento del PNRR, lentezza e scarsa trasparenza vengono attribuite all’eccessivo accentramento e all’insoddisfacente aggiornamento della Piattaforma Regis e la sua farraginosità. Federico Fubini, nella sua newsletter Whatever It Takes, se ne lamenta e la trova, oltre che sospetta, controproducente: “Stiamo vivendo questo passaggio fondamentale per il nostro futuro come la solita medicina europea, con l’idea che si vive meglio se se ne parla poco. Non come qualcosa di nostro. E chi la gestisce – forse avvertendo questa contraddizione – preferisce farlo in modo un po’ carbonaro, dando all’esterno meno informazioni possibile. Meno, francamente, della dose minima che dovrebbe essere consentita. Invece il successo dipende dalla partecipazione consapevole di tutto il Paese, solo così si possono superare i ritardi e le opposizioni a una crescita equilibrata. Occorre realizzare i progetti impostati, ma anche le riforme, richieste dall’Europa da tanti anni”.


 Foto: Patricia Serna su Unsplash.


20 feb, 2024
Politica Aziendale
Autore: Antonio Santangelo 20 feb, 2024
Il 2023 è stato dichiarato dalla Ue l’anno europeo delle competenze, in riconoscimento del fatto che le due transizioni, ecologica e digitale, mettono sotto stress sistemi dell’istruzione e della formazione non sufficientemente adeguati ad accompagnarle.  La sfida epocale, non limitata all’Europa, è adeguare rapidamente strategie e strutture per essere in condizione di trarne vantaggio. In Italia è il mondo educativo, istruzione e formazione vocazionale, chiamato a cambiare
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